Sparatoria in Texas? È “certamente” collegata ai videogiochi

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In Texas, Stati Uniti, il 18enne Salvador Ramos ha aperto il fuoco in una scuola armato di un fucile semi automatico AR-15. Le vittime ammontano a 19 bambini e 2 insegnanti. Questo non è altro che l’ennesimo caso, negli Stati Uniti, dove un ragazzo può “assicurarsi” un’arma come un AR-15 e mettere in atto una tragedia.

Eppure, un po’ come accade spesso, alcune testate internazionali come The Sun tendono ad alimentare quella macchina insaziabile dei pregiudizi.
Poco importa se l’articolo del Washington Post, utilizzato come fonte, riporta “[Ramos e Valdez, suo amico] giocavano a videogiochi come ‘Fortnite’ e ‘Call of Duty'”, l’obiettivo finale rimane il click ed è lì che non si perde l’occasione di titolare “‘EMO’ KILLER […] Salvador Ramos era un solitario ed ossessionato da Call of Duty […]” (e non voglio soffermarmi su quel “emo”).

Sfortunatamente anche noi, in Italia, non siamo esenti da critiche. Anche se il corpo dell’articolo è tutto sommato corretto, il titolo “Salvador Ramos, l’autore della strage del Texas giocava a Call of Duty e Fortnite” di Everyeye (firmato da un generico “Redazione” lascia certamente a desiderare, soprattutto considerando un fatto: l’utenza non legge gli articoli.

Mentre scrivo, Domenica 29 maggio, 01:39, noto con somma sorpresa che la notizia di Everyeye non è stata condivisa su Facebook (od il post è stato cancellato in seguito a qualche commento), mentre l’articolo di Multiplayer.it titolato “Strage in Texas: il killer era un fan di Call of Duty” è stato (apparentemente) cancellato.

Si unisce al carrozzone tutto italico Eurogamer, con l’articolo di Matteo Zibbo che titola “Sparatoria in una scuola in Texas: per il Dipartimento di Pubblica Sicurezza il responsabile è un videogiocatore”. Volenti o nolenti, Ramos giocava ai videogiochi, ciò lo rende di conseguenza un videogiocatore, però considerando il corpo dell’articolo, c’è un sottotesto su cui l’articolista, forse, vorrebbe enfatizzare quel “videogiocatore”.

Difatti nell’articolo si menziona la conferenza stampa avvenuta col capo del Dipartimento della Pubblica Sicurezza Steven McGraw, che dopo aver spiegato come si sia procurato l’arma, afferma di non avere risposte a determinate domande come ad esempio quale possa essere la causa scatenante, menzionando il fatto che praticasse del “cybergaming”. Da qui, la lettura con accezione negativa di quel “videogiocatore” nel titolo.

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Forse, e sottoscrivo forse, l’articolo di Eurogamer è quello più coerente ed in un certo senso, il meno “clickbait” di altri.

C’è anche Gametimers che titola “USA, strage in Texas: il capo del Dipartimento di Pubblica Sicurezza ‘il killer era un gamer’. Dure repliche su Twitter” (di Roberto V. Minasi), dove si mostra coerente, avendo sfruttato come fonte la medesima di Eurogamer: la conferenza col capo del Dipartimento di Pubblica Sicurezza.
Nell’articolo di Minasi è possibile ritrovare anche alcuni pezzi inerenti diverse ricerche, che hanno lo scopo di far luce sulla correlazione tra violenza e videogiochi – “spoiler”: non c’è.

Ovviamente se andassimo a scavare nella rete, potremmo trovare diversi articoli internazionali che stanno addossando la colpa ai videogiochi, ma sono diverse le figure ufficiali, come parlamentari o perfino il presidente Joe Biden, che si stanno scagliando contro la lobby delle armi e l’eccessiva facilità con la quale è possibile acquistare e detenere un’arma.
Effettuando alcune ricerche, è possibile scovare diversi articoli da parte de Il Post o di Forbes dove viene menzionata la ricerca effettuata da diverse agenzie USA, tramite le quali si viene a conoscenza dell’incredibile impennata che c’è stata negli ultimi anni inerenti all’acquisto di armi e, di conseguenza, alle sparatorie.

[…] il numero di sparatorie annue segnalate dall’FBI è balzato da 30 nel 2019 a 40 nel 2020 e 61 nel 2021.

Forbes

Nonostante non totalmente pertinente, è notizia recente “USA, uomo spara sulla folla per un mancato parcheggio: donna lo uccide a colpi di pistola. Per lei nessuna denuncia” (fonte: Il Messaggero), mentre stava sparando alla folla con un fucile semiautomatico.

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È sempre più evidente che il problema degli Stati Uniti d’America non sono i videogiochi, ma le armi che, man mano, prendono ancora più piede e dove, con della macabra ironia, se attenti alla folla corri il “rischio” di venir freddato ancor prima di pensarlo.


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Luca Maiolini

Gli FPS a stampo militare erano il mio pane quotidiano e gli RTS facevano da contorno, Brothers in Arms ed Imperivm erano il mio chiodo fisso. Poi, venne il giorno in cui abbracciai PlayStation 3 e mi collegai alla rete, così una valanga di videogiochi mi piombarono addosso! Ad oggi mi ritrovo a giocare un po' di tutto, dai titoli Platinumgames fino ai JRPG di casa Square Enix.

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