“Forspoken, non capisco, cosa t’è successo?”

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Annunciato a giugno del 2020 sotto il nome di Project Athia, Forspoken è un videogioco sviluppato da Luminous Productions, sotto la direzione di Takeshi Aramaki affiancato da Takefumi Terada. Lo studio Luminous Productions non è di certo al suo esordio, prima di prendere tale nome, sotto la guida di Hajime Tabata, ha sfornato produzioni come Final Fantasy TYPE-0 e Final Fantasy VII Crisis Core, mentre dalla fine del 2013 al 2016 si è occupato di rielaborare Final Fantasy Versus XIII ribattezzato in Final Fantasy XV – con obblighi contrattuali di dover mantenere quanto venne mostrato fino ad allora, pubblicando il prodotto entro la fine del 2016 -, ampliandone anche la narrativa con espansioni, film ed una serie animata, oltre che a mini-giochi usciti su console e smartphone.

Sì, Final Fantasy XV ha avuto le sue sventure, ma se si vuole essere onesti, la colpa di ciò non è certo da attribuire a Luminous Productions, bensì ad una Square Enix in pieno caos per il disastroso lancio di Final Fantasy XIV, oltre che alle ambizioni estremamente elevate di Tetsuya Nomura. Se voleste approfondire la storia dietro a Final Fantasy Versus XIII e Final Fantasy XV, con una piccola ma grande parentesi dedicata a quella Square Enix che dovette acquisire Eidos Montreal e Crystal Dynamics per uscire dalla crisi, allora vi suggerisco di leggere i tre corposi articoli dedicati a ciò sul portale di Omnia Crystallis: Da Final Fantasy Versus XIII a Final Fantasy XV.

Di conseguenza, tornando a Forspoken, la mia più personale attenzione riguardava proprio Luminous Productions e l’impegno dedicato al risanamento di una IP [FFXV] non propria, riuscendo a tirar fuori un prodotto fruibile – con tutti i suoi difetti – e tutto sommato godibile. Per questo motivo, nonostante i trailer poco interessanti ho deciso di rimanere speranzoso, d’altronde un videogioco si giudica meglio pad alla mano, no? Dunque eccomi qui, avvolto da un alone di amarezza, mentre fisso il monitor esclamando “Che schifo!”.
Mentre Barbara giocava Forspoken per recensirlo, io sono sempre stato al suo fianco come spettatore passivo, guardando l’azione su schermo scuotendo la testa. Solo una volta terminato il gioco e sotto una certa pressione – quasi minaccia – ho deciso di dedicarmici.

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Quindi sì, anche io ho giocato e finito Forspoken. E ciò che ho giocato, non mi è piaciuto nella maniera più assoluta. Nulla di nulla è riuscito a soddisfarmi come videogiocatore e se sono riuscito ad apprezzare Final Fantasy XV come semplice giocatore – e non come figura cinica, che deve giudicare cose -, così come accaduto con altre produzioni passate alla Deadpool o Afro Samurai (il videogioco uscito per Xbox 360 e PlayStation 3), vorrà pur significare qualcosa, sbaglio?

Forspoken vuole presentarsi come un titolo d’azione con qualche contaminazione da GDR a tema fantasy, attingendo al genere narrativo che in Giappone trova la definizione di isekai, ovvero quando il/la protagonista della storia si ritrova in un altro mondo. Il gameplay, come già approfondito nella recensione, è di carattere frenetico; l’essere statici è dannatamente controproducente e ciò lo si comprende fin dalle primissime battute, anche se non si dispone di una buona varietà di magie, e lasciatemi affermare che sulla carta è fottutamente interessante! Il problema sta tutto nella sua esecuzione, nel sistema di schivata che non risulta reattivo come dovrebbe essere in un action. Le magie non risultano così appaganti ed anzi! Il videogioco stesso, in più occasioni, non spinge così tanto ad utilizzare gli altri “stili”, o almeno questo deriva dalla mia esperienza.
Inoltre, tutta l’esperienza dinamica che vuole tanto proporre Forspoken, gravita attorno al parkour. Anche qui, sulla carta e dai primi trailer sembrava quasi avveniristico, ma come per il sistema di combattimento, la realizzazione è dannatamente traballante. Frey dovrebbe riuscire a muoversi leggiadramente, ma in realtà s’incaglia come la Costa Concordia e mostrando il fianco nelle situazioni in cui nelle arene sono presenti “oggetti” a terra, che ne minano il movimento. E come non menzionare al volo una telecamera fin troppo vicina a Frey che rende impossibile avere chiara la situazione durante i combattimenti con più e più nemici, mentre degli incredibili effetti particellari esplodono in un turbinio di colori ed effetti che neanche sotto i migliori effetti psichedelici di qualche sostanza chimica?

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E questo è una piccola parentesi in relazione al gameplay, la narrativa non è certamente messa meglio, anzi. Difatti Gary Whitta, sceneggiatore originario che ha lavorato su produzioni come Star Wars: Rogue One, in un’intervista con Alanah Pearce, ha confermato che della sua storia non è stato mantenuto nulla se non il nome Athia e che dopo alcuni mesi aver concluso il proprio lavoro, “Square Enix” lo ha contattato nuovamente proponendogli di riscrivere la storia basata sul nuovo concept, dove una ragazza viene risucchiata in un mondo fantasy.
La nuova storia è curata da Allison Rymer e Todd Stashwick a tratti può risultare interessante per alcuni avvenimenti, ma il personaggio di Frey è un insieme di incoerenze, con situazioni totalmente illogiche e sequenze inutili. A questo si aggiungono anche sequenze di gioco dove il villain, che minaccia la distruzione totale e che ha già messo in ginocchio Athia avendo anche sopraffatto le Tantha, ma che non riesce a uccidere una comunissima persona che passeggia in una stanza chiusa, mentre gli spara “raggi fotonici”, il tutto per 60 secondi nei quali mi sono sentito un reale idiota. Ed ovviamente non manca una regia degna di una produzione con budget risicatissimo, uno studio alle primissime armi e personale ridotto all’osso, che abusa di insulsi campi larghi e dissolvenze, spaccando costantemente il flusso, il tutto accompagnato dall’incredibile inespressività generale.

Giunto qui vorrei poter parlare bene dell’incredibile atmosfera che si respira, della popolazione che passeggia e fa cose a Cipal, ultimo baluardo della popolazione di Athia, ma la realtà dei fatti è che gli NPC sono statici come non mai, la colonna sonora è praticamente inesistente, manca perfino il brusio di sottofondo che possa dare la percezione di camminare in una città abitata da centinaia di persone. Non sono presenti il ciclo giorno notte e gli effetti climatici, l’ambientazione è piacevole da guardare soltanto inizialmente.

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Tutto questo è dannatamente assurdo se si pensa a cosa Luminous Productions ha proposto con Final Fantasy XV. Viene quasi da pensare che le assenze di Hajime Tabata e di Kazushige Nojima, siano costate care allo studio, ora che è stato chiuso ed assorbito da Square Enix, mentre Forspoken sta per ricevere il suo primo – e probabilmente ultimo – DLC prequel intitolato In Tanta We Trust, dove ci sarà il consueto e classico viaggio nel tempo con Frey che verrà catapultata 25 anni nel passato combattendo a fianco alla Tantha Cinta.

Ora come ora, viene da augurarsi che Square Enix accantoni la volontà di usare il Luminous Engine (FFXV e Forspoken), che ormai sembra essere quasi maledetto, per dedicarsi maggiormente alle sue divisioni “principali” e di maggior profitto, sia in termini economici che di puro e semplice prestigio. Nei progetti a basso e medio budget, come Octopath Traveler, Paranormasight: The Seven Mysteries of Honjo e Triangle Strategy, per non parlare delle remastered di vecchi successi alla Romancing SaGa e Final Fantasy; ma anche nei progetti ad alto budget alla Dragon Quest XII, Final Fantasy VII Rebirth, Final Fantasy XVI, Final Fantasy XIV e via discorrendo, ampliando il proprio organico con figure di alto profilo come Ryota Suzuki (da Devil May Cry V e Dragon’s Dogma a Final Fantasy XVI) e Teruki Endo (da Monster Hunter World a Final Fantasy VII Ramake).

Ed ora posso andare alla mia sessione di terapia, devo dimenticare cosa ho giocato e se foste così masochisti e curiosi di vedere cose sconcertanti, passate sul nostro gruppo Telegram, dove potrete vedere qualche video.

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Luca Maiolini

Gli FPS a stampo militare erano il mio pane quotidiano e gli RTS facevano da contorno, Brothers in Arms ed Imperivm erano il mio chiodo fisso. Poi, venne il giorno in cui abbracciai PlayStation 3 e mi collegai alla rete, così una valanga di videogiochi mi piombarono addosso! Ad oggi mi ritrovo a giocare un po' di tutto, dai titoli Platinumgames fino ai JRPG di casa Square Enix.

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