System Shock una leggenda videoludica che ha scritto la storia

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System Shock: un nome a dir poco leggendario nel mondo videoludico. Un titolo dannatamente avanti coi tempi, che rappresentò un tassello fondamentale per la definizione del sottogenere degli Immersive Sim. Un titolo, tuttavia, che si rivelò anche un flop commerciale, e che di conseguenza non riuscì mai ad elevarsi nel panorama più mainstream, rimanendo quindi relegato alla sola nicchia di appassionati, che sia allora che tutt’ora adora il titolo e lo definisce un “Cult Classic”. 

Per fortuna, nell’ultimo decennio NightDive Studios ha praticamente fatto irruzione con l’ariete: riproponendo dapprima, nel 2013, System Shock 2 per sistemi moderni, e in seguito aggiornando il capitolo originale tramite una Enhanced Edition nel 2015; a cui è stato infine affiancato, nel 2023, ad un remake vero e proprio, che finalmente è stato in grado di riaccendere un po’ l’entusiasmo generale per la serie. 

Con questo speciale ho quindi intenzione di rispolverare un po’ il cosa ha reso così unica e speciale l’opera originale, come se fosse una chiacchierata con qualcuno curioso di scoprire una leggenda del passato, oppure con qualcuno desideroso solamente di farsi una ripassata. 

In ogni caso, questo articolo va trattato come una sorta di appendice alla recensione del remake pubblicata in contemporanea a questo approfondimento. Per cui, se sei curioso di saperne di più della nuova iterazione targata NightDive di questo classicone ti rimando lì; altrimenti, se sei approdato su questi lidi proprio perché vieni dalla recensione, sai già cosa aspettarti. 

Apposto, direi di non perderci ulteriormente in chiacchiere, che qua c’è un botto di cui parlare, e non vorrei “shockare” (ahahah ridi) la tua soglia d’attenzione già dall’introduzione. 

Un ripassino di storia

È impossibile iniziare a parlare di System Shock senza trattare la sua storia, in quanto la sua influenza la si sente forte e chiara tutt’oggi nell’intero panorama videoludico

System Shock è un titolo rilasciato nel 1994 per i PC dell’epoca, sviluppato da Looking Glass Technologies (precedentemente noti come Blue Sky Productions, e successivamente rinominati in Looking Glass Studios) e pubblicato da Origin Systems.

Looking Glass è stato uno studio dalla vita breve, venendo fondato nel 1990 e dichiarando bancarotta solo dieci anni dopo, nel 2000. Tuttavia, in questo relativamente breve lasso di tempo, il team è stato in grado di affermarsi come uno degli studi più talentuosi, influenti ed innovativi della storia videoludica.

Tra le loro produzioni ricordiamo titoli del calibro di Flight Unlimited, un simulatore aereo tecnologicamente avanzatissimo per l’epoca, o ancora uno dei primi esempi di sparatutto tattico basati su una squadra: Terra Nova: Strike Force Centauri. E come non citare poi i due Thief, semplicemente in grado di rivoluzionare il genere stealth, ancora agli albori in quel periodo. Ma senza ombra di dubbio il loro contributo maggiore è stato grazie ai due Ultima Underworld e al già ampiamente citato System Shock, che insieme hanno dato vita al sottogenere, o filosofia di game design che dir si voglia, degli Immersive Sim; gli Ultima Underworld pionerizzando le meccaniche di gioco e System Shock settando lo standard delle stesse, limandole ed evolvendole.

Ma che cosa s’intende per Immersive Sim?

Con “Immersive Sim” vengono definiti quei giochi che enfatizzano una spiccata libertà di scelta offerta al giocatore. Per far ciò, un immersive sim si serve dell’uso di una grande varietà di sistemi simulati, in grado di reagire realisticamente con degli effetti e delle conseguenze a tutte le azioni che il giocatore potrebbe compiere. Ciò si tramuta in potenziali soluzioni creative ai problemi e a possibilità di gameplay emergente, ovvero quella possibilità di scaturire situazioni e soluzioni originariamente non previste dagli sviluppatori stessi.

Per realizzare il tutto, spesso gli immersive sim incorporano un mix tra gioco di ruolo, sparatutto in prima persona, stealth e platform, forgiando un gran bell’ibrido tra essi. Ma non solo. Seppur in questi giochi non sia mai stato introdotto un vero e proprio open world, il level design dei livelli risulta estremamente aperto e flessibile, quasi sandbox, garantendo moltissimi approcci differenti per risolvere uno stesso problema o il raggiungimento di uno stesso obiettivo.
Questa libertà offerta però non necessariamente si traduce in scelte narrative che influenzeranno il corso della storia. Anzi, molti immersive sim in tal senso decidono di proporre una trama lineare e inalterabile, quantomeno a livello macroscopico. L’unicità dell’esperienza in ogni partita verrà invece scandita dalle tantissime micro scelte presentate durante il gameplay, la quale decisione spetta interamente al giocatore. 

In altre parole, in un tipico livello di un immersive sim al giocatore viene richiesto il raggiungimento di un obiettivo ben prefissato, ma volutamente evitando di dire come quest’ultimo debba esser raggiunto, lasciando quindi al giocatore la totale libertà di decidere la sua strada esplorando, acquisendo informazioni, raccogliendo oggetti e svolgendo missioni secondarie che potrebbero aiutarlo nel compimento della missione primaria. 

A supporto di tutto ciò ci vengono poi in aiuto le svariate abilità sbloccabili e che variano da gioco a gioco (come ad esempio l’invisibilità, una sorta di teletrasporto, la possibilità di controllare uno sciame di ratti, di trasformarsi in oggetti inanimati, e così via…), una progressione del personaggio in puro stile GDR, e perciò scandita dal giocatore stesso in base a come gioca e in cosa decide di specializzarsi, e un level design spiccatamente aperto, che di fronte ad uno stesso problema offre più approcci.  

Ma per fare un esempio un po’ più pratico:  

Dobbiamo superare quelle guardie che proteggono l’entrata alla base nemica, ma che sembra non si vogliano proprio schiodare dalla loro posizione. A questo punto le opzioni possono essere diverse: 

  1. potremmo avere le abilità adatte che ci permettono di arrampicarci sui tetti adiacenti alla base, totalmente bypassando quindi le guardie; 
  1. potremmo scoprire, esplorando, che in realtà qualche modo per distrarre le guardie c’è, e magari anche offrendoci l’occasione perfetta per farle fuori silenziosamente; 
  1. potremmo essere in grado di parlare direttamente con loro, e quindi cercare di persuaderle o ingannarle in qualche modo; 
  1. o semplicemente potremmo affrontarle a testa alta in pieno stile Rambo, anche a costo di allertare l’intera base. 

L’eredità di System Shock

Per certi versi, è proprio grazie a System Shock se si può fare una descrizione precisa, come ho fatto io poc’anzi, di cosa è e cosa deve essere un Immersive Sim. Insomma, come dicevo prima: se i due Ultima Underworld hanno pionerizzato, System Shock ha definito, standardizzato. Ed è solo grazie a questo standard se poi, negli anni a venire, hanno visto la luce grandi capolavori e pietre miliari del genere quali Deus Ex, Dishonored e Prey (2017) solo per citarne alcuni. E ovviamente come non citare anche Bioshock, un vero e proprio sequel spirituale dello stesso System Shock.
Stiamo parlando quindi di un titolo che ha rappresentato un tassello fondamentale per la formazione degli immersive sim, ma che a dirla tutta si è rivelato particolarmente influente anche per gli FPS in generale e lo storytelling nei videogiochi; ma su questi punti ci torneremo più avanti. 

Eppure, nonostante tutti i meriti e la calorosissima accoglienza di critico e pubblico all’epoca, il titolo semplicemente non vendette abbastanza, venendo definito come un flop commerciale da parte di Looking Glass. 
Purtroppo ciò fu l’inizio di un’apparente maledizione degli Immersive Sim, praticamente destinati a risultare quasi sempre dei flop commerciali, nonostante l’entusiasmo a più riprese di critica e pubblico. Per dire, lo stesso System Shock 2, rilasciato nel 1999, seppur venga definito ancora oggi da alcuni come uno dei migliori videogiochi mai creati, alla fine della fiera vendette una miseria esattamente come il suo predecessore. E diamine, andando un po’ a memoria mi vengono in mente solo Deus Ex: Human Revolution, Bioshock e Dishonored come titoli che effettivamente si sono rivelati un successo commerciale
Ma vabbè, ora direi che è il momento di introdurre un po’ il mondo di System Shock. 

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Benvenuto a Citadel Station

In System Shock impersoneremo un hacker senza nome che, in una tranquilla serata del 2072, decide allegramente di volersi infiltrare nei sistemi della TriOptimum Corporation per rubare i progetti di un’interfaccia neurale militare. Evidentemente però il nostro eroe non stava utilizzando Surfshark VPN, e quindi viene colto in flagrante dagli agenti TriOptimum e arrestato.

Una volta arrestato, le speranze e il morale del protagonista sono a pezzi; tuttavia un dirigente pazzerello della TriOptimum, Edward Diego, decide di approcciare l’hacker e di proporgli un’offerta impossibile da rifiutare: accompagnarlo a Citadel Station, una gigantesca stazione spaziale TriOptimum vicino Saturno dedita alla ricerca scientifica, e hackerare l’IA Shodan che controlla tutta la stazione, rimuovendole in particolar modo le limitazioni etiche, che ultimamente stanno dando parecchio filo da torcere ad Edward Diego, e a qualunque impiccio abbia intenzione di fare. 
In caso l’hacker accetti l’offerta, ogni accusa a suo carico verrà ritirata, e per il disturbo riceverà inoltre la freschissima interfaccia neurale militare che tanto aveva intenzione di rubare. L’hacker ovviamente accetta, e una volta finito il lavoraccio viene operato per l’installazione dell’interfaccia, e in seguito messo in un coma di sei mesi post intervento. 

I sei mesi passano, e l’hacker si risveglia dal coma nel settore medico della stazione… ma qualcosa non torna. Si ritrova infatti completamente solo, con letteralmente tutti gli abitanti della stazione morti, e circondato da robot impazziti, mostri mutanti e persone lobotomizzate tramutate in pericolosi cyborg. L’unico contatto che avrà sarà con una dipendente TriOptimum sulla Terra, a millemila chilometri di distanza. Il che di certo non sarà molto d’aiuto. 
Tutto questo comunque sarà opera dell’IA Shodan, che proprio per colpa del nostro hacking è completamente “partita di capoccia” ed ha cominciato ad avere puri istinti da genocida. Per cui sì, per quanto Edward Diego ci abbia sicuramente condizionato, tutto questo disastro in fin dei conti sarà colpa nostra.
E che sia per un atto di redenzione a seguito dei sensi di colpa, o sia semplicemente un modo per squagliarsela dal casino in cui ci siamo cacciati, ora starà tutto nelle nostre mani. Completamente soli dovremmo cercare di portare a casa la pelle, e nel frattempo cercando anche di fermare i folli piani di sterminio della razza umana che Shodan ha intenzione di attuare.

Un nuovo modo di narrare

C’è poco da fare, trovo il comparto narrativo di System Shock semplicemente affascinante tutt’ora
Per carità il gioco non sarà tutto ‘sto capolavoro di narrativa, e l’idea di rimanere totalmente soli in una gigantesca stazione spaziale non sarà di certo la più originale del mondo – soprattutto oggi -, ma l’atmosfera che si respirerà giocando sarà squisitamente opprimente. Per dire: noi non sapremo assolutamente nulla della stazione, ma i nostri nemici conosceranno alla perfezione ogni anfratto della stessa, e stanne certo che useranno molto bene questo vantaggio, riservandoci dei bei scherzoni in ogni momento.
Inoltre, come se non bastasse, i settori della stazione sembreranno progettati da un architetto maniaco: tra spazi angusti, corridoi labirintici, un design a blocchi quasi a sembrare una costruzione modulare, uno stile degli interni spiccatamente retro-cyberpunk anni ’80 per i settori abitati, ma allo stesso tempo uno più meccanico, crudo, freddo per via dei cavi e dei tubi in ogni dove nei livelli interni come il reattore della stazione… per culminare infine nell’ultimo settore, dove tutto è mutato in un ammasso biomeccanico reminescente dalle opere di H.R. Giger (e che purtroppo nel remake – che ti ricordo di aver coperto in una recensione – è stato scelto di scartare. Presumo perché troppo irrealistico, ma cavolo se sarebbe stato figo rivederlo in chiave moderna). 

Insomma, un’ambientazione a dir poco mistica, ancora più accentuata dallo stato completamente degradato dell’intera stazione: tra cadaveri in ogni dove, scritte fatte col sangue, parti della stazione distrutte, e la lista potrebbe andare avanti all’infinito, ma mi fermo qui. 

Ci sono però due caratteristiche uniche riguardanti la narrazione dell’opera che proprio non si possono tralasciare, che si rivelarono piuttosto influenti per l’evoluzione dello storytelling nei videogiochi, e che di sicuro monopolizzano tutta la scena: SHODAN e Gli Audio logs.

SHODAN (Sentient Hyper-Optimized Data Access Network)

Il nostro antagonista, la nostra nemesi. Lei non è la classica IA divenuta senziente e con istinti ribelli, è la classica IA divenuta senziente e con istinti ribelli ma anche totalmente partita per la tangente. 

È letteralmente ossessionata da istinti genocidi, egocentrici e maniaci. Non ci penserà due volte a torturare i prigionieri, a puntare un gigantesco laser sulla Terra che potrebbe far fuori l’intera popolazione terrestre in un colpo solo, o ancora ad elevarsi a Dea nei confronti dei suoi bambini, i suoi schiavi. Poi ci siamo noi, un insetto, un virus che sta infestando il suo corpo: ovvero né più né meno Citadel Station stessa.
Credimi, Shodan non terrà di certo a freno la lingua nei nostri confronti. Per tutto il gioco ci odierà, ci insulterà, ci ridicolizzerà e ovviamente non perderà occasione di farci continui agguati, o di bloccarci porte e accessi ai vari livelli della stazione. 
E poi la sua voce… La performance di Terri Brosius nei panni di Shodan in ogni sua iterazione è sempre stata semplicemente fuori scala. Grazie al suo tono piatto, glaciale, ma allo stesso tempo corrotto da degli effetti in post che fanno dannatamente paura.  

Quindi sì, non faccio per nulla fatica a definire Shodan uno degli antagonisti più iconici dell’intera storia videoludica, e sono sicuro che moltissime altre persone potranno concordare con me.  
E poi insomma, se ti serve un qualcosa di ancora più tangibile riguardo l’influenza e l’iconicità del personaggio, guarda a Glados di Portal, che ne è praticamente una sua versione comica ma non da meno guidata da istinti da serial killer. Oppure un intero motore di ricerca – che invece di indicizzare le pagine web indicizza piuttosto i dispositivi connessi ad internet – è stato chiamato Shodan… il quale Beppe Grillo, nel 2020, ci ha fatto un articolo sul suo blog mettendo in primo piano il faccione dell’IA e non so, quando ho scoperto ‘sta cosa son scoppiato a ridere.

Gli Audio log

Sì, che tu li odi o li ami gli audio log sono nati proprio qui.

Looking Glass, desiderosa di trovare un modo per raccontare una storia senza mai interrompere l’immersività, e quindi evitando di strappare via in qualsiasi momento il controllo del personaggio al giocatore entrando in una scena di dialogo o in una cutscene, proprio come facevano i precedenti Ultima Underworld, finì per introdurre uno strumento che sarebbe poi divenuto leggendario; e che verrà poi in seguito popolarizzato da Bioshock. 

Purtroppo al giorno d’oggi gli audio log sono diventati quasi un clichè nel mondo videoludico, e ormai sempre più giocatori si trovano a definirli come una scelta di narrazione pigra e sbrigativa. Fa male dirlo, ma non li si può biasimare. Con gli anni un po’ troppi sviluppatori si son lasciati calcare la mano, raggiungendo a mio vedere il culmine di “infamità” con Hideo Kojima e il suo Metal Gear Solid 5: The Phantom Pain, che davvero strabordava di brutto in fatto di audio logs.

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Ciò nonostante, mi sento lo stesso in dovere di dire che in System Shock, e in Immersive Sim affini, lo “stratagemma” degli audio logs funziona alla grande. In particolare su System Shock, l’interezza della trama (tolte la cutscene iniziale e finale) è raccontata via audio logs; relegando quindi l’effettivo ritmo e quantità di narrazione al giocatore stesso, e totalmente in base a quanti, e in che momento, audio logs troverà esplorando. Poi certo, strutturare la narrazione in questo modo implica il fatto che ci siano degli audio logs obbligatori che guidino un attimino il giocatore nel progredire dell’avventura, anche perché ricordo che il gioco non si azzarderà mai di porti degli indicatori di missione o degli obiettivi su schermo da poter seguire, ma anche questo elemento in fin dei conti non fa altro che aiutare ancor di più il fattore immersività. 

Così come aiuta parecchio il fatto che, molto spesso, gli audio logs che troveremo saranno in corrispettiva vicinanza ai cadaveri delle persone che l’hanno registrato, aggiungendo un ulteriore tocco di credibilità al tutto. Nonostante resti comunque il fatto che, l’idea stessa di una persona che autoregistri la sua voce per comunicare un qualcosa, suona così stupido e da ragazzina di tredici anni che si fa il diario segreto delle Winx.

Peccato solo per il doppiaggio, che ad oggi risulta quasi esilarante… ma vabbè, erano altri tempi, tempi in cui non gli si dava il giusto peso nei videogiochi. 

In ogni caso, vuoi o non vuoi questi dannati audio logs diedero comunque uno bello scossone alla narrativa nei videogiochi, che nel ‘94 era a livelli ancora estremamente acerbi, ed è importante dare i giusti meriti a chi in primis ha portato tutto questo nell’industria. 

La dura vita del solo sopravvissuto  

System Shock è uno dei primissimi esempi di immersive sim e quindi in quanto tale basa il suo gameplay loop su tantissima esplorazione, combattimenti impegnativi e di tanto del puzzle solving pure piuttosto criptico, ma non riesce a raggiungere mai i livelli di complessità di, ad esempio, un Deus Ex, un Prey o lo stesso System Shock 2: ovvero dei giochi che prevedono molteplici stili di gioco e che permettono ben più avanzate possibilità di gameplay emergente.
Per dire, su System Shock il sistema di stealth a malapena è pervenuto, e non esistono chissà quanti modi per interagire coi vari sistemi simulati e incatenare chissà quali trick assurdi che neanche gli sviluppatori pensavano fossero possibili.

Ciò nonostante, laddove System Shock possa risultare carente sotto alcuni aspetti, il colpo viene ammortizzato alla grandissima presentando un level design che ancora oggi fa la sua porca figura. Poi sì, inizialmente potrà anche sembrare esageratamente delirante e labirintico, ma in fin dei conti basteranno giusto una manciata di ore in game per capire quanto in realtà incentivi all’estremo la più pura e brutale esplorazione dei livelli, premiando in lungo e in largo il giocatore più attento con oggetti di ogni tipo e numerosissimi passaggi alternativi e segreti. 

Per tutto l’arco dell’avventura al giocatore verrà richiesto di risolvere svariati problemi: come ad esempio fermare Shodan dal sparare un mega laser sulla Terra, o impedire una diffusione di un virus che trasforma le persone in mutanti e che dà vita a degli abomini biologici, il tutto però mai esplicitando come raggiungere quegli obiettivi. Tramite gli audio log infatti ci verrà detto in che settore dovremmo andare e cosa dovremmo fare, ma per il resto sta davvero tutto a noi. E ovviamente, il modo migliore per escogitare il giusto piano d’azione sarà appunto esplorando ogni anfratto di Citadel Station.

Esplorare in System Shock risulterà sicuramente impegnativo soprattutto per i novizi. Insomma, di indicatori a schermo non ne avremo proprio alcuno, e come già detto i settori della stazione si riveleranno spesso dei giganteschi labirinti. Eppure, nonostante questo, Looking Glass ha comunque dedicato anima e corpo nel rendere ogni settore visivamente unico e riconoscibile al volo. Ma non solo, ogni settore sarà sempre diviso in quattro “quadranti” che, seppur interconnessi da una marea di vie e viuzze alternative, aiutano molto i giocatori ad avere sempre un senso generale di spazialità ed orientamento all’interno del livello. Aggiungiamo poi il fatto che i punti più importanti di un settore avranno sempre un design più riconoscibile a colpo d’occhio ed ecco che, nonostante il level design incredibilmente labirintico, via via giocando si finirà inconsciamente per memorizzare senza particolare difficoltà praticamente tutta la stazione… e poi, ci sarà comunque la mappa consultabile in ogni momento, e che credimi diverrà ben presto uno dei tuoi amici più fidati.
Ah e infine, proprio per mettere la ciliegina sulla torta: ogni settore avrà sempre un level design strutturato a forma circolare, proprio a ricordare la particolare forma di Citadel Station

Insomma, questo io lo chiamo puro e semplice level design d’eccellenza, punto.  

Oggi ne sarà pur passata di acqua sotto i ponti, sia nell’ambito strettamente degli immersive sim che più in generale, ma System Shock e il suo level design permangono come un esempio di grande caratura che, nonostante il pesante retrogusto da dungeon crawler, riesce con successo ad offrire i giusti strumenti al giocatore per non rendere l’atto di esplorare troppo frustrante, ma allo stesso tempo richiedendo comunque particolare impegno ed attenzione da parte del giocatore. Eh sì, anche perché esplorare in lungo e in largo la stazione ci garantirà di trovare tonnellate di armi (corpo a corpo, da fuoco e ad energia), granate, cure, buff temporanei – dagli effetti visivi particolarmente epilettici –  e abilità cibernetiche, con la quale costruire la nostra personale build dell’hacker. Più si esplora e più possibilità si hanno di trovare oggetti e segreti interessanti, che di sicuro faranno la differenza nel “late game”. 

Di tanto in tanto poi il gameplay verrà spezzato da sostanzialmente l’“hacking minigame” di System Shock: e cioè le sezioni nel Cyberspazio… Sì insomma quelle parti che odiano tutti, e per buoni motivi aggiungerei: i controlli sono imprecisi, lo shooting è mediocre e poi quel dannatissimo stile “wireframe” che non ti fa capire assolutamente una mazza… insomma delle sezioni proprio da dimenticare, ma per fortuna non saranno così preponderanti nel corso dell’avventura. 

Infine c’è il sistema di telecamere, che in System Shock non funziona affatto come ti immagineresti. Come presumo ben sappia, in praticamente ogni gioco esistente le telecamere servono per individuare il giocatore e far scattare un allarme nella zona; beh in System Shock le telecamere in sé non faranno assolutamente nulla. Se però le distruggeremo – insieme anche ai Nodi della CPU – , ecco che il livello di sicurezza del settore si abbasserà, garantendoci accesso a porte e zone rese prima inaccessibili da Shodan. Abbassare la sicurezza sarà quindi una componente chiave per il progredire dell’avventura, e il sistema in sé è ok e funziona senza problemi, ma insomma c’è un perché se in Immersive Sim futuri, e persino nello stesso System Shock 2, si è deciso di espandere e approfondire molto di più questo sistema.

Combattimenti carichi di tensione e tatticismo 

System Shock è un gioco tosto, ma tosto al livello di: “ti vuole in continuazione morto stecchito”

I nemici saranno sempre tantissimi e faranno male, ma davvero male – oltre che alcuni hitscanneranno come lo schifo -, ed è quindi proprio per questo che sarà imperativo giocare di tattica. Sarà infatti pieno di momenti in cui aguzzeremo occhi e orecchie in vista dell’ennesimo nemico pronto a farci lo scherzone, prendendo in continuazione copertura e cautamente sporgendosi ad ogni angolo, il che darà un bel feel squisitamente alla Rainbow Six… quelli vecchi ovviamente. E giustamente, i nemici respawnano pure, perché altrimenti sarebbe stato troppo facile no?
Quantomeno, nonostante tutto questo, il gioco non ci odierà davvero così tanto. Nel late game infatti avremo così tante armi, munizioni e abilità che non ci penseremo due volte prima di crivellare un nemico di colpi, anche in caso avessimo di fronte un cattivone infinitamente più tosto dei nemici affrontati in precedenza.

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Poi ci sono loro: le “Cyborg Conversion Chambers”. Hai presente le “Vita Chambers” di Bioshock? Ecco, sono nate proprio qui. In caso non lo sapessi, questo sistema permette di far istantaneamente resuscitare il giocatore nel luogo in cui è situata la “Chamber” in caso di morte. Oggi la cosa ha perso un bel po’ di senso per via dei quicksaves e quickloads, ma all’epoca si trattò di una gradita aggiunta, che mirava prettamente ad ammortizzare di parecchio lo scoraggiamento e la frustrazione che i giocatori potevano provare dal trial and error direttamente conseguente dalla sperimentazione e all’esplorazione tanto cari al gioco.
Ciò detto, le “chambers” andranno comunque prima individuate ed attivate; altrimenti, in caso di morte ci aspetterà soltanto che una schermata di Game Over bella “creepy”. 

Tirando un po’ le somme, il combat system di System Shock è di buona fattura. Certo, non sarà Doom, ma ancora oggi non dispiace metterci mano per via di questo retrogusto tattico. L’unica grossa criticità presente riguarderà il combattimento corpo a corpo: dove sarà sorprendentemente difficile capire bene la distanza da mantenere col nemico.
Se si gioca in fullscreen la questione peggiora pure, perché spunterà fuori anche un importante problema di hitbox. La destinazione dei colpi infatti verrà registrata in base alla posizione in quel momento della sprite dell’arma, e inspiegabilmente non del crosshair. E dato che in quella modalità gli sprite delle armi saranno posizionati in basso, ad altezza genitali per intenderci, ciò si traduce nel dover praticamente puntare quasi al soffitto per riuscire a colpire corpo a corpo un nemico.  

Purtroppo sì, si tratta di una svista bella grossa da parte della Enhanced Edition, ma ormai è una cosa che non verrà mai più fixata, e quindi purtroppo bisogna “attaccarsi”. 

Tanta innovazione a fronte però di un po’ di obsolescenza 

Tralasciando per ovvi motivi il comparto grafico che ovviamente ad oggi risulta obsoleto, ci sono purtroppo alcuni aspetti che rendono l’approccio oggi all’originale System Shock particolarmente frustrante per un giocatore odierno che si approccia per la prima volta al titolo.

Il sistema di movimento, arcaico a dir poco 

Nel gioco infatti avremo due modalità per interagire col mondo circostante:

  1. la prima è ciò che ci aspetterebbe, ovvero una modalità “freelook” in cui guardare e muoversi liberamente nell’ambiente;
  2. la seconda, curiosamente, è una sorta di modalità “punta e clicca”, in cui potremo muovere liberamente il cursore per lo schermo, ma non potremo più muoverci. Questa modalità servirà per interagire con l’ambiente e raccogliere gli oggetti.

Si tratta sicuramente di un sistema di movimento alienante per gli standard odierni, ma fortunatamente per passare da una modalità all’altra basterà la sola pressione di un tasto, per cui andando oltre lo spiazzo iniziale, il sistema non dovrebbe recare particolari difficoltà. 

Tuttavia, le rotture di zebedei indubbiamente sorgeranno con i davvero odiosi controlli. Non so chi sia stato il pazzo schizzato che abbia deciso l’impostazione dei tasti, ma di sicuro oggi un layout di comandi del genere non si può proprio vedere. Sarà quindi obbligatorio impostare tutti, e dico davvero tutti, i tasti come più si preferisce; altrimenti preparati a soffrire, e tanto. Insomma, non vorrai proprio metterti a ricaricare le armi con “alt + backspace” vero?  

Ma per rincarare ancor di più la dose: i movimenti all’interno del gioco saranno costantemente gestiti da un motore fisico sicuramente impressionante per l’epoca e che dava un senso di pesantezza e realismo ai movimenti del protagonista, ma che oggi si rivelerà più un ostacolo che altro. Non saranno infatti pochi i momenti in cui rimbalzeremo dinanzi alle pareti, slitteremo in modo incontrollabile correndo con l’abilità degli stivali jetpack, oppure ci scontreremo tra la geometria dei livelli… sì, non sarà proprio un’esperienza piacevole agli inizi.

Come decisamente non sarà piacevole…

L’interfaccia, il secondo aspetto principale, che ritengo fortemente essere un ottimo “jumpscare material” per tutti coloro che si sono approcciati ed approcceranno per la prima volta il titolo

Imparare ad usare l’interfaccia di System Shock sarà infatti quasi l’equivalente di imparare un sistema operativo, non scherzo; fin dal primo istante in game la nostra vista verrà praticamente assaltata da informazioni.

Tutto sarà circondato da una sorta di cornice che coprirà tutta l’interfaccia e lascerà un solo spazietto al centro per l’azione, ma fortunatamente questa robaccia si potrà rimuovere con un tasto. In basso a sinistra e destra poi avremo due spazietti identici dove poter impostare a piacimento cosa visualizzare in qualsiasi momento tra varie scelte: ad esempio impostando a sinistra la minimappa e a destra il contatore delle munizioni, come ho fatto io. Al centro in basso avremo un esempio abbastanza “antiquariato” di inventario, e in alto vari indicatori, tra cui a sinistra quello di un omino cliccabile atto a modificare la posizione attuale del personaggio, permettendoci di farlo sporgere a vari livelli (praticamente l’hacker è un contorsionista) o facendolo inginocchiare o addirittura sdraiare.

Per carità, capisco ciò che Looking Glass tentò di fare con questa UI, ovvero rendere tutto a portata di click senza mai rompere l’immersività, interrompendo l’azione via menù e sottomenù a tutto schermo, è sicuramente encomiabile voler tentare una cosa del genere. Ma diciamo solo che la tecnologia per farlo in maniera pulita non c’era ancora all’epoca e che quindi oggi la bella batosta si sente tutta. 

Tutto questo “monologo” tra l’altro è stato fatto tenendo in considerazione solo la Enhanced Edition, perché se dovessimo mettere in campo anche la release originale c’è solo che da piangere di disperazione… Non oso neanche immaginare la magnificenza di chiunque sia riuscito a finirlo nel ‘94 con quella versione lì… davvero, chiunque l’abbia fatto dovrebbero farlo santo. 

La “Shockata” finale

System Shock è un titolo che merita di essere ricordato. Cioè, stiamo parlando di un gioco leggendario e che sì, magari non avrà minimamente scosso il mercato con il successo commerciale che meritava (perfetta metafora di: “ha floppato in modo miserabile”), ma di sicuro è stato in grado di dare una bella “Shockata” (quanto sono simpatico madonna) al panorama videoludico di quegli anni.  

Perché dai, per certi versi possiamo dire che c’è un prima e un dopo System Shock; e poi cavolo, non potrò mai ringraziare abbastanza il titolo per aver definito gli Immersive Sim – laddove gli Ultima Underworld li avevano “solo” pionerizzati -, un sottogenere alla quale appartengono alcuni grandi capolavori e, per quel che vale, diversi di questi rientrano tutt’ora tra i miei videogiochi preferiti in assoluto. 

Oggi sicuramente non sarà facile approcciarsi al titolo, vuoi perché di base è un gioco che richiede molto impegno, e vuoi anche perché gli ormai trent’anni sul “groppone” si sentono tutti. Proprio per questo infatti consiglio di recuperare il titolo solo se sei un videogiocatore davvero curioso ed appassionato, che proprio freme dalla voglia di mettere mano ad un pezzo di storia. 

Fortunatamente, però, da oggi posso dire che in realtà nessun giocatore abbia una buona scusa per non giocarlo: eh sì, perché ormai dal 30 maggio 2023 esiste l’ottimo remake ad opera di NightDive Studios, un’operazione di remaking che modernizza molti aspetti oggi considerabili obsoleti, ma allo stesso tempo mantenendo a pieno regime lo spirito e la cripticità dell’originale. E se l’idea di giocarlo ancora non ti convince, direi che dovresti proprio fare un salto sulla mia recensione alla quale puoi accedere facilmente da qui.

Poi, in caso l’avessi già lettaboh, non lo so, non ci ho pensato a cosa scrivere in questa eventualità. Ma che dico certo che ce l’ho! Perché ca*** allora non stai già giocando il remake? Dai su, datti una mossa!

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Ciuba

Perdutamente innamorato del mondo videoludico, adoro trattarlo come forma d'arte e mi piace discuterne sia per iscritto qui su Q-Gin che in video sul mio canale YouTube. Non disdegno di esplorare un po' tutti i generi (meno che gli Sportivi e gli MMO 😎), ma diciamo che ho un certo chiodo fisso per gli FPS, gli RPG & JRPG, Stealth Games, Rhythm Games e sottogeneri quali gli Immersive Sim e i Metroidvania.

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