Quella grigia pirateria videoludica, che sfocia nel abandonware

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Ore 22 circa, dopo aver letto qualche pagina del romanzo Caccia a Ottobre Rosso di Tom Clancy, poso lo sguardo sul display del mio iPhone 12. La mia attenzione viene catturata da una notifica di Steam, che fa riferimento allo sconto di Democracy 4 e come una sorta di meccanismo automatico, un dipendente invisibile all’interno del mio cervello ha cominciato ad eseguire una ricerca come se si trovasse in quegli oscuri archivi che vediamo spesso nelle serie americane. Lì, cercando quasi ossessivamente nella sezione R, primo decennio 2000, scova un vecchio fascicolo con su scritto: Republic: The Revolution.

Di conseguenza è partito un confronto tra me, Giuseppe (Il Boss) e Andrea (Nonno) a suon di messaggi, su quanto i due titoli possano essere simili nel loro proporre un contesto politico, seppur lo scopo ultimo sia differente, perdendoci, poco dopo, nella ricerca di Republic negli store online con l’intento di poterlo recuperare, scoprendo amaramente che è stato rimosso anche da GOG, con somma sorpresa anche da parte dell’utenza che, anche oggi nel 2022, se ne domanda le motivazioni. Purtroppo, la fredda comunicazione di TheEnigmaticT del 10 gennaio 2011 non fa chiarezza su nulla, se non che a chiederne la rimozione è stato lo studio di Rebellion.

L’irreperibilità di questo videogioco che ormai ha fatto il suo corso, ci ha portati ad una sola conclusione: la pirateria.

Inutile a dirsi, un altro dipendente nel mio cervello ha iniziato a comporre quello che state leggendo, dando vita ad un pezzo con uno degli argomenti più dibattuti di sempre all’interno delle community, passando da quelle composte da pochissimi membri a quelle che superano le migliaia nei vari gruppi che popolano Facebook: la pirateria può essere composta da sfumature? Quali sono i casi in cui è “lecito” – non legale, attenzione – ricorrervi e quando invece non ci si chiude un occhio?

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In questo particolare caso si parla di un videogioco che, sulle proprie spalle, conta la bellezza di 19 anni, sviluppato da uno studio che ha chiuso i battenti nel lontano 2005 e soltanto l’anno successivo, nel 2006, Rebellion Interactive ne ha acquista le proprietà intellettuali, da qui il messaggio posto nel forum di GOG.

Dunque, in questo specifico caso, ci sono: un videogioco irreperibile, se non usato; uno studio di sviluppo che ha chiuso diversi anni fa; un’azienda che, probabilmente, è totalmente disinteressata.

La “zona grigia” della pirateria

Considerando soli questi tre punti, sorge spontanea una domanda: ha senso porsi dei paletti “morali” che ne impediscono la fruizione? Qui si entra in quella che io definisco “zona grigia”, dove chiunque, ha una propria ragione in un possibile “Vai, scarica tranquillo” oppure con “Assolutamente no, è illegale”.

Rimanendo sempre sul concetto di morale, a parer mio – e del mio dipendente che sta componendo tutto ciò –, ricorrere a questi mezzi per recuperare quello che a tutti gli effetti è un prodotto dimenticato, è semplicemente lecito e, con molte probabilità, anche l’unico modo per poterne usufruire senza incappare in qualche fregatura da parte di un utente sconosciuto che ne vende il disco usurato/rovinato.

Quando si parla di questi videogiochi, fondamentalmente, si parla di abandonware.

Software rilasciato da oltre cinque anni che non è più commercializzato o in uso corrente in quanto divenuto obsoleto, sebbene ancora protetto dai diritti d’autore; conserva un interesse storico o individuale e riguarda in particolare i videogiochi

Treccani

Entrando di conseguenza in un mondo di pubblicazioni dimenticate. Difatti ho citato spesso, nelle ultime live stream di Q-Gin, quel Matrix: Path of Neo che ha subito un destino analogo a Republic, che allo stesso modo è reperibile esclusivamente solo tramite qualche ricerca nei meandri dell’internet.

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Questo lungo, ma neanche molto, discorso è valido anche per ogni altro prodotto, come un romanzo che non viene più ristampato, delle canzoni così datate che le case discografiche han sepolto nei propri archivi, film che sono precipitati nel dimenticatoio a causa di un qualche insuccesso e via dicendo.
La pirateria, in questi specifici casi, è un aiuto. Un aiuto che non andrebbe visto in malo modo perché “si sta rubando un prodotto” che non è neanche in vendita, bensì perché potrebbe, mediante i vasti canali social, tornare in auge e magari far ricordare alle case di pubblicazione che c’è ancora dell’interesse nei confronti di ciò che potrebbe essere definito vintage.


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Luca Maiolini

Gli FPS a stampo militare erano il mio pane quotidiano e gli RTS facevano da contorno, Brothers in Arms ed Imperivm erano il mio chiodo fisso. Poi, venne il giorno in cui abbracciai PlayStation 3 e mi collegai alla rete, così una valanga di videogiochi mi piombarono addosso! Ad oggi mi ritrovo a giocare un po' di tutto, dai titoli Platinumgames fino ai JRPG di casa Square Enix.

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