Fuori tempo: addio FPS tattici…

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Mi sento fuori tempo. Da qualche tempo sto traversando una fase particolare della mia passione videoludica. Spesso e volentieri mi sono pronunciato sul mio approccio iniziale ai videogame, non proprio simile a quello di molti miei coetanei che, mediante la propria PlayStation, si sono cimentati nelle colorate e spensierate avventure di Spyro e Crash. Attorno al termine degli anni ’90, trovai rifugio in quel vasto e ricco universo popolato da sparatutto (FPS, n.d.r.) militareschi, molti dallo stile unico, ed è proprio qui che pone la base questa mia piccola riflessione.

Lo sproloquio di un… anziano giovane?

Di sparatutto ne continuano ad uscire con una certa costanza, basti solo pensare ai più blasonati Call of Duty e Battlefield, ma entrambi sono ben distanti dai titoli che mi hanno “rapito” al tempo. Di videogiochi alla SWAT 4, Rainbow Six, Ghost Recon e Brothers in Arms, ad oggi non se ne vedono più. Quell’intento di curare le tattiche dei propri alleati manovrati dalla IA, impartendo ordini specifici e, in certi casi, gestirne l’equipaggiamento, si è praticamente estinto. Difatti, come possiamo ben notare dai recenti Ghost Recon Wildlands e Breakpoint, ma anche da produzioni indipendenti come Ready or Not e Ground Branch, la gestione dei compagni è stata praticamente soppiantata, favorendo la cooperazione tra giocatori.

Ovviamente, di per sé non è assolutamente un male. Per certi versi la si può ritenere una normalissima evoluzione del genere, ed obbiettivamente lo è, ma l’esser consapevole non vuol dire, per forza di cose, riuscire ad accettare tutto ciò. Riuscire ad accettare che determinate situazioni debbano essere affrontate con persone trovate mediante un matchmaking oppure tramite amici. No, non è così semplice.

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Ultimamente sono stato colpito da quel senso di nostalgia che mi ha portato a ricordare quelle volte in cui, durante alcune partite in Ghost Recon: Advanced Warfighter, mi divertivo ad esplorare nuove tecniche/tattiche, creando dei percorsi unici per ogni compagno. Per non parlare di quando, in Rainbow Six: Vegas od anche SWAT 4, si dava vita a delle vere e proprie incursioni in stanze od edifici.

Il tutto, personalizzando in taluni casi, l’IA dei propri compagni o direttamente l’equipaggiamento.

Era estremamente appagante poter ordinare ai propri compagni in Advanced Warfighter di presidiare una posizione, all’interno di un’ambasciata colpita da un’esplosione, proteggendo il “VIP” da orde di soldati nemici fino allo scortarlo sull’elicottero in modo da garantire un’evacuazione sicura. Così come era appagante, in Rainbow Six, impostare le modalità d’ingaggio durante un’infiltrazione, decidendo se sparare a vista oppure agire cautamente con tanto di silenziatori, o perfino cambiare strategia passando dall’agire cautamente allo sparare a vista cambiando, in tempo reale, le armi principali.

Ci sarebbe da aprire anche una “piccola” parentesi lato tecnico. Fondamentalmente, far evolvere questi titoli da tattici a cooperativi, consente allo sviluppatore di togliersi quella noia di dover programmare l’IA in base al contesto, sia dello scenario che in base alle azioni compiute dal giocatore.

Per rendere chiaro questo concetto, basta riprendere l’esempio posto poco fa riguardante l’ambasciata. Immaginate il lavoro svolto per far comprendere ai propri compagni manovrati dalla IA di dover ingaggiare i nemici solo quando giunti ad una determinata distanza, allo stesso tempo, impostandola in modo da non compromettere l’esperienza del giocatore.

Abbracciando la consapevolezza

Di certo penserete che quanto state leggendo, come avevo suggerito poco sopra, si può fare con dei propri amici o con persone trovate online, ma quel “non è così semplice”, trova le fondamenta proprio in quello che ho espresso poco fa. Giocare online comporta dover fare i conti con l’individualità di ogni membro del gruppo, certamente può regalare momenti più “realistici”, grazie all’errore umano od alla prontezza dei riflessi che una IA – settata appositamente per essere un po’ scema – non ha, però difficilmente si ha quella sensazione di appagamento nel dare uno specifico ordine da “vero capo squadra” con tutto ciò che ne consegue.

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Però sono giunto nel 2022. Ormai gli sviluppatori, sia di studi indipendenti che ad alto budget, hanno impostato una rotta “non scritta” ed io, povero nostalgico, devo per forza di cose rassegnarmi e fare i conti con questa evoluzione, volente o nolente.
Potrei trovare rifugio in alcuni sparatutto lineari, anche se non sarà minimamente la stessa cosa, ma continuare ad attendere l’uscita di quel Brothers in Arms 4 – come nel mio caso – è, fondamentalmente, inutile.

Con una certa rassegnazione, si volta pagina, andando in contro a nuovi stimoli ed attendendo la svolta di quel… Devil May Cry 6, continuando questo ciclo filo masochista che tanto tengo stretto come se fosse un caro amico dal quale non voglio esser abbandonato.


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Luca Maiolini

Gli FPS a stampo militare erano il mio pane quotidiano e gli RTS facevano da contorno, Brothers in Arms ed Imperivm erano il mio chiodo fisso. Poi, venne il giorno in cui abbracciai PlayStation 3 e mi collegai alla rete, così una valanga di videogiochi mi piombarono addosso! Ad oggi mi ritrovo a giocare un po' di tutto, dai titoli Platinumgames fino ai JRPG di casa Square Enix.

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