Cuphead: “la morte in faccia”

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Cuphead un approfondimento sulla sua difficoltà

In questi anni si è parlato molto della difficoltà di Cuphead, titolo run and gun uscito nel 2017 sulle piattaforme Microsoft e rilasciato anche su Nintendo Switch nel 2019.

All’uscita il titolo fu nominato come “il Nuovo Dark Souls“, definizione abusata negli ultimi tempi su ogni gioco con una difficoltà sopra la media.

In questo mio approfondimento vorrei parlare esclusivamente della difficoltà del titolo sviluppato da Studio MDHR e di come sia stato parecchio frustrante per vari motivi che vi spiegherò.

Cuphead appartiene al genere run and gun e non è un platform, la differenza con questi ultimi è data dalle armi, unico modo per poter uccidere i nemici. Avanzando nell’avventura sarà possibile sbloccare diverse abilità e bocche da fuoco diverse, inoltre il gioco è composto quasi interamente da boss, eccetto alcuni livelli chiamati appunto run and gun.

Ogni boss può essere differente per ogni giocatore, ad esempio io ho trovato molto complesso l’uccello Wally Warbles più di alcune persone, mentre ho avuto meno difficoltà a vari boss della terza isola. Il motivo è molto semplice, ogni boss è diverso ha i suoi pattern di attacco e l’obiettivo dell’utente è capire come ucciderlo e con quale arma risulta più efficace, ad esempio sono rimasto bloccato per molto tempo con l’ape regina Rumor Honeybottoms, ma ho capito di sbagliare tattica e sparare al boss con un’arma inefficace. Nella mia avventura con Cuphead ho trovato il boomerang come l’arma più bilanciata, dal momento in cui l’ho acquisita alcuni boss sono stati molto più semplici, ma in sostanza altri sono rimasti  uno scoglio insormontabile e non è un caso il fatto che varie persone hanno abbandonato il titolo per la difficoltà elevata.

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Da parte mia ho trovo Cuphead come uno dei titoli più difficili a cui mi sono mai approcciato, non posso negarlo in alcuni momenti ho dovuto accantonare il titolo e passare ad altri giochi, a causa dell’eccessiva frustrazione.

Nonostante la difficoltà però, ho sempre pensato di non mollare e andare avanti, ormai era una sfida personale con il gioco e la soddisfazione dopo aver sconfitto Beppi the Clown(uno dei boss più complessi) è stata incredibile.

“Ho provato, ho fallito. Non importa, riproverò. Fallirò ancora, fallirò meglio”, cosi recita una frase del drammaturgo Samuel Beckett e questo è lo spirito di chiunque si approccia a Cuphead.

Uno dei consigli che mi sento di dare è non tentare di cambiare boss continuamente, specialmente se non si riesce a progredire, è uno degli errori commessi nella mia avventura con Cuphead.

Tuttavia, non tutti i nemici hanno una difficoltà alla pari del terribile drago Grim Matchstick oppure il robot Dottor Kahl’s e ad esempio nella terza isola ho completato alcuni boss in meno tempo del previsto, ritengo la seconda isola quella più complessa in proporzione.

Il titolo è giocabile anche in coop(soltanto locale), probabilmente potrebbe essere più semplice, anche se sarà necessario sparare più volte per infliggere gli stessi danni rispetto a quando si gioca in solitaria.

Spesso ho provato la sensazione di commettere errori, in questo il gioco mi ha stimolato a migliorare e offerto un grado di sfida elevato, ma appagante allo stesso tempo nel momento in cui morte dopo morte, alla fine il successo arriva.

Come al solito la percezione della difficoltà è soggettiva, ho trovato molto impegnativo Cuphead e in alcuni momenti anche frustrante, tuttavia molte persone potrebbero impiegare meno tempo di me a finirlo, mentre per altri potrebbe risultare  più complesso. In sostanza consiglio Cuphead non solo per la difficoltà e la soddisfazione di riuscire a terminare un gioco molto complesso, ma anche grazie a un gameplay stratificato e ben riuscito, unito a una direzione artistica ottima grazie a cui ha vinto il premio ai Game Awards 2017.

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