DmC vs Devil May Cry: quando il fandom è un problema

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Sul canale Twitch di Q-Gin, da questa sera alle 23 (circa), Barbara darà il via ad una nuova serie su DmC: Devil May Cry. Per tanto ho voluto cogliere l’occasione per lasciarmi andare su un argomento assai spinoso.


Questo vuole essere un testo provocatorio


Non mi reputo un fan accanito, non riesco a definirmi tale con nessuna azienda e saga videoludica, con ciò non voglio dire che io non riesca ad affezionarmi a determinate storie o personaggi, difatti mi sono ritrovato ad adorare il Dante presentato da Hideaki Itsuno in Devil May Cry 3, stessa cosa dicasi per Nero in Devil May Cry 4 o anche di V con l’ultimo mastodontico capitolo della serie. Potrei star qui a citare anche altri casi, con altre saghe videoludiche, ma visto che il fulcro di tutto ciò sono DmC di Ninja Theory e Devil May Cry di Capcom, è meglio non uscire dal “seminato”.


DmC vs Devil May Cry: Dante

Dante – Devil May Cry

Nato dalla mente di Hideki Kamiya (Bayonetta, Metal Gear Rising, The Wonderful 101), durante la produzione di Resident Evil 4, Devil May Cry riuscì a ritagliarsi un suo spazio grazie ad un sistema di combattimento accattivante e ad un protagonista estremamente particolare: Dante.

Il fulcro di questo scontro, verte proprio sul protagonista dei primi capitoli della serie, che grazie alla prima trilogia riuscì a far breccia nei cuori dei fan, che già non videro di buon occhio l’enigmatico (almeno inizialmente) Nero, protagonista di Devil May Cry 4.

Dante – DmC: Devil May Cry

Nel 2013 Capcom decise di riavviare la serie, con Hideaki Itsuno (Devil May Cry 3, Devil May Cry 4, Devil May Cry 5, Dragon’s Dogma) come Direttore Supervisore e Ninja Thoery a capo del progetto, dando vita ad uno dei prodotti più odiati dal fandom: DmC: Devil May Cry.

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Ninja Thoery, col suo reboot, volle osare come mai successo prima di allora nel panorama videoludico, grazie anche alle pressioni di Capcom, andando a rivoluzionare tutto, dai personaggi come Dante fino all’universo narrativo dove presero spunto dai Media (come i telegiornali) atti a strumentalizzare e distorcere la realtà, fino ad arrivare alle multinazionali che utilizzano sostanze nocive all’interno dei propri prodotti per soggiogare la popolazione.

Perché DmC venne tanto odiato?

Breve infarinatura

Mundus, sotto le vesti da umano conosciuto come Kyle Ryder, tiene in pugno Limbo City grazie alla bevanda Virality ed al supporto di Bob Barbas, conduttore del Raptor News Network.
In tutto questo, Dante non ricorda nulla della sua infanzia, dei suoi genitori e, soprattutto, delle sue radici. Conducendo una vita ai limiti del vagabondaggio, tra sesso ed alcol.
Nonostante ciò, si ritrova ad essere braccato da diversi demoni ed è proprio durante una “caccia” che veniamo introdotti nel mondo di gioco.

Tra un “Figlio di troia!” ed un fendente di spada, DmC vantò uno dei migliori sistemi di combattimento sulla scena degli hack ‘n’ slash. A farla da padrone, fu anche la componente artistica utilizzata per creare degli scenari mozzafiato, sia dal punto di vista registico che “stilistico”.

Il nuovo Dante e l’odio che ne scaturì

Un po’ come il Dante di Devil May Cry 3, anche in questo reboot ritrovammo un ragazzo alle prime armi, un po’ scontroso ed ignorante del Vero Male che lo circonda, all’oscuro delle proprie radici e potenziale.

La caratterizzazione di questo nuovo Dante, estremamente volgare che non esita dal rispondere ad un insulto o ad una provocazione con un tuonante “Fanculo!“, non fu ben accolta. Anche il suo desing, tendente al punk/dark, non andò giù al fandom. A complicare le cose, fu la scelta narrativa nel renderlo un Nephilim (mezzo Angelo e mezzo Demone), a differenza dell’originale mezzo Umano e mezzo Demone.

Vergil e la sua “trasformazione”

Anche Vergli subì diversi cambiamenti inerenti al suo “ruolo”, difatti da quel personaggio intenzionato ad aprire le porte dell’Inferno in Devil May Cry 3, qui avemmo un Vergil a capo di un’organizzazione denominata L’Ordine, con l’intenzione di sgominare i piani del malvagio Mundus, divenendo (quasi) un personaggio positivo.

I 30fps derivati dal Unreal Engine 3

DmC fu sviluppato utilizzando Unreal Engine 3 costringendo il team a bloccare il framerate delle versioni console a 30fps. Dando vita ad un’ennesima polemica, questa volta, incentrata sulla fruibilità del sistema di combattimento, dal momento che grazie al MT Framework Capcom riuscì a tener ancorato ai 60fps Devil May Cry 4.

Dante - Devil May Cry 4

Arrivando al punto…

DmC: Devil May Cry fu brutalmente smembrato e gettato nel dimenticatoio da un fandom cieco, che col suo voler a tutti i costi un Devil May Cry 5, preferì calarsi nella parte di un Bambino desideroso del proprio giocattolo, per nulla in grado di saper distinguere le differenze tra un reboot ed un nuovo capitolo andando ad esclamare in ogni dove “Quello non è Dante!” (e andrei ad aggiungere un grazioso “Ma dai!”).

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Un po’ come accadde anche per Final Fantasy XIII, soltanto negli ultimi tempi DmC sta riscuotendo apprezzamenti da parte dell’utenza. Magari, perché quel Bambino è stato finalmente accontentato?

Sfortunatamente, potrebbe esser troppo tardi per vedere un secondo capitolo, nonostante perfino Hideaki Itsuno si sia espresso a favore, purché vi siano i ragazzi di Ninja Theory.


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PER ALTRI APPROFONDIMENTI

Luca Maiolini

Gli FPS a stampo militare erano il mio pane quotidiano e gli RTS facevano da contorno, Brothers in Arms ed Imperivm erano il mio chiodo fisso. Poi, venne il giorno in cui abbracciai PlayStation 3 e mi collegai alla rete, così una valanga di videogiochi mi piombarono addosso! Ad oggi mi ritrovo a giocare un po' di tutto, dai titoli Platinumgames fino ai JRPG di casa Square Enix.

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