Gli MMORPG isolano dalla vita reale? Una personale esperienza su Final Fantasy XIV

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Capita spesso di chiederselo, soprattutto se non si ha mai avuto niente a che fare con il genere, o se si ha avuto un approccio per lo più superficiale. Quel buco nero chiamato comunemente “MMORPG” genera timore pure nelle menti più forti e nei cuori più temerari, perché pare sia capace di risucchiare la tua intera esistenza in un vortice di livelli e sistemi di progressione subdoli, meschini, capaci di farti dimenticare pure dei tuoi bisogni più primari.

Cosa ne sarà della tua vita vera se cominci a giocare a un MMORPG? Riuscirai ancora a vedere i tuoi amici? Sarà possibile evitare di trascurare lo studio e/o il lavoro? Oggi cercherò di rispondere a questa domanda, o almeno la userò come pretesto per parlare della mia esperienza con Final Fantasy XIV, gioco che ho scoperto due mesi fa e che mi sta piacendo tantissimo.

Lui è Roropinu Jericho, il mio personaggio. Fa parte della razza dei Lalafell, e nonostante sia bassissimo (i Lalafell hanno una statura media di 1 metro), è fierissimo.

In tutta onestà, contrariamente al pensiero più diffuso, prima di approcciarmi al genere sono sempre stato attratto dagli MMORPG. Ciò che suscitava il mio interesse nei confronti del genere è l’enorme possibilità che ti offre da un punto di vista sociale: essendo essi stessi delle “società in miniatura” con tutte le loro particolari dinamiche sociali, la possibilità offerta al giocatore di interagire in diversi modi con altri giocatori e di fare nuove conoscenze è un loro grandissimo potenziale. D’altro canto però ho sempre avuto problemi ad approcciarmici: la loro struttura ludica mi è sempre risultata confusionaria di primo acchito, generando una non comprensione del gioco che mi ha sempre dato profondamente fastidio, spingendomi ad abbandonarli dopo poco tempo.

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Dopo averci provato diverse volte nel corso dell’ultimo anno (spinto da amici che giocano soprattutto a MMORPG), passando da World of Warcraft a Black Desert Online, con Final Fantasy XIV ho finalmente trovato la mia dimensione, a partire dal tutorial: ogni singola meccanica di gioco, nel momento in cui la vedi per la prima volta, è accompagnata da un tutorial testuale che ti spiega nel modo più chiaro possibile il suo funzionamento. Ciò, grazie anche a una difficoltà generalmente tarata sul basso, permette al giocatore una facile e ampia comprensione del gioco nel suo complesso man mano che avanza.

Inoltre, riferendomi a quanto detto prima, i meccanismi sociali che si trovano in Final Fantasy XIV sono un perno fondamentale dell’esperienza: si possono incontrare giocatori nuovi che scopriranno il dungeon insieme a noi, giocatori veterani che invece ci spiegheranno il dungeon per darci una mano, bardi viandanti che gireranno per le principali città allietandoci con la loro musica, gruppi di amici che collaboreranno per raggiungere obbiettivi in comune. Il tutto con varie possibilità per comunicare: amici, membri del party e membri della gilda (nel gioco chiamata free company) sono le categorie di giocatori con cui più starete in contatto.

C’è anche da specificare che comunque si tratta di un Final Fantasy, quindi oltre alle meccaniche di socializzazione e di progressione tipiche degli MMORPG, troverete una storia principale pronta a guidarvi nei meandri del continente di Eorzea, tutta interamente in linea con gli standard della saga: il viaggio dell’eroe, le implicazioni politiche e tutte le altre caratteristiche fondamentali di un Final Fantasy saranno ben presenti come da tradizione.

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Questa è la mia gilda, o almeno parte di essa. Con Roropinu, Kremsis Hoara, W’yako Fyrclende e il temibile Basluslo Lalafani.

Alla fine che ne è stato della mia vita reale allora? Che cosa mi è successo? Cosa ha causato questo salto nel buio in un mondo (quello degli MMORPG) capace di assoggettare la mia intera esistenza? Mettetevi l’animo in pace: non è cambiato assolutamente niente. L’unica differenza è che anziché giocare a vari videogiochi o fare altre attività nel mio tempo libero ho giocato solo a un solo gioco per due mesi, ma la quantità di tempo libero che mi sono concesso è sempre la stessa,

La critica principale che vedo è che l’MMORPG ha sistemi di progressione che generano assuefazione e che quindi inducono subdolamente all’esserne dipendenti. Quando si fanno queste affermazioni però, non si prende in considerazione il fatto che la maggior parte dei videogiochi hanno sistemi che ti danno assuefazione. Salire di livello in un GDR, finire una missione in un gioco lineare, portare a termine le quest in un open world: sono tutti meccanismi che ti spingono ad avanzare sempre di più, finché effettivamente non raggiungi una conclusione o ti stanchi (secondo voi come fanno giochi che durano 20, 30, 40 ore a tenervi incollati sullo schermo per così tanto tempo?).

A forza di inserire miei screenshot vi condivido direttamente l’account Instagram di Roropinu.

A questo punto viene legittimo chiedersi: ma è davvero male essere assuefatti da un videogioco? No secondo me, finché tale assuefazione non viene usata per manipolarti e indirizzarti verso sistemi tossici (come, per esempio, le microtransazioni in alcuni videogiochi: Final Fantasy XIV ce le ha, ma sono tutt’altro che subdole e manipolative). Conclusione? Tutti i sistemi di progressione di Final Fantasy XIV sono totalmente innocenti, e se mi capitasse di dedicare troppo tempo della mia vita a un MMORPG, più che dare la colpa al gioco, mi chiederei se per caso non abbia io stesso un problema di gestione del tempo.

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Anche perché, in un industria come quella dei videogiochi dove la fanno da padrone meccanismi come la fear of missing out, che spinge i giocatori a consumare sempre più prodotti per paura di rimanere indietro, forse (e me lo chiedo genuinamente) fidelizzarsi su uno solo o pochi giochi può essere una soluzione per uscire da questo circolo vizioso.


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